La Coppa Intercontinentale è da sempre una competizione con un fascino a parte. Si scontrano calci diversi, culture diverse, mondi diversi, storie diverse. Tutte cose chiaramente elevate all'ennesima potenza quando c'erano di mezzo viaggi lunghissimi, magari in nave, alla scoperta di città, stadi e giocatori conosciuti solo di nome, quando andava bene.
Oggi formalmente non esiste nemmeno più, assorbita dal più globalista Mondiale per Club, e proprio da questo possiamo partire per trovare le finali più particolari.
La vita della Coppa Intercontinentale può essere divisa in tre fasi: la nascita, l'era moderna e l'assorbimento.
La competizione nasce nel 1960, come questione tra UEFA e CONMEBOL per stabilire la squadra più forte delle due federazioni, e quindi a quei tempi (ma pure oggi a voler ben vedere) del mondo. Fino al 1979 la sfida tra la vincitrice della Coppa Campioni e quella della Copa Libertadores vedrà partite di andata e ritorno, giocate ovviamente negli stadi di casa dei rispettivi campioni. Una formula ai limiti del sostenibile per i tempi, ma che trasuda fascino e storia ancora oggi.
Gli anni sessanta rappresentano l'età dell'oro della manifestazione. Miti a profusione, blasone a ogni livello, ambientazioni diventate patrimonio del calcio, contese di puro agonismo con protagonisti leggendari. Già per chi la viveva questa coppa rappresentava qualcosa di unico, soprattutto nel versante più caliente che è da sempre quello sudamericano. Non è un caso che ancora oggi siano proprio i sudamericani a dare un peso significativo alle competizioni derivate.
La prima partita è stata Real Madrid-Peñarol, e non servono particolari presentazioni.
I nomi più particolari del decennio si vedono nel 1967 con Racing (che schierava a centrocampo un certo Alfio Basile)-Celtic e nel 1970 con Feyenoord-Estudiantes (con in campo la Bruja Juan Ramon Veron, Carlos Bilardo e Jorge Solari, zio di Santiago).
Con gli anni settanta però la competizione entra in una fase di crisi, a causa di problemi legati alle date e agli animi caldissimi dei tifosi. Male per la coppa, benissimo per il nostro viaggio, che si arricchisce di casi particolari.
Nel 1971 l'Ajax rifiuta di partecipare al torneo per evitare gli stessi problemi di ordine pubblico affrontati dai rivali di Rotterdam un anno prima. La sfida vede quindi in campo i vicecampioni di Europa del Panathinaikos e il Nacional di Montevideo.
Nel 1973 ancora l'Ajax rifiutò di partecipare, dopo aver vinto nel 1972, chi dice per problemi finanziari chi per l'inadeguatezza dei premi partita. Inizialmente anche la Juventus vicecampione rifiutò, ma alla fine si giunse al compromesso di una partita unica disputata all'Olimpico di Roma. Che la Juve perse, contro l'Independiente di Daniel Bertoni.
Nel 1974 tocca al Bayern Monaco rifiutare la partecipazione. L'Atletico Madrid, con in campo Javier Irureta e in panchina Luis Aragones, riuscirà a imporsi sull'Independiente diventando il primo ed unico club a vincere l'Intercontinentale senza aver vinto la competizione necessaria a parteciparvi.
La finale del 1975 non si disputò a causa di un mancato accordo sulle date.
Nel 1977 ancora una volta i campioni d'Europa declinarono l'invito. Stavolta toccò al Liverpool, che mandò il Borussia Mönchengladbach a scontrarsi col Boca Juniors.
Nel 1978 la gara salterà per problemi di date.
Nel 1979 abbiamo la finale più strana di sempre. A causa del solito rifiuto, al posto del Nottingham Forest a sfidare l'Olimpia de Asuncion si presentò il Malmö.
Nel 1980 inizia la fase moderna della manifestazione. La Toyota si presenta come sponsor principale e trasferisce la sfida in una gara unica da tenersi in Giappone. Questa mossa privò le squadre del calore del pubblico di casa, ma portò ben altra rilevanza economica. In quell'anno si sfidarono Nacional e Nottingham Forest.
Il 1981 vide non a caso la prima partecipazione del Liverpool, che però dovette inchinarsi al Flamengo di Zico e Junior, per il primo e unico titolo del Mengão.
Nel 1983 si incontrarono Gremio e Amburgo, con in campo Felix Magath.
Nel 1986 ci furono due debuttanti, la Steaua Bucarest di Victor Pițurcă e il River Plate di Nery Pumpido e Oscar Ruggeri.
Nel 1987 la sfida fu tra il Peñarol, con Diego Aguirre in campo e Oscar Washington Tabarez in panchina, e il Porto di Rui Barros, ma soprattutto di Rabah Madjer. Si giocò sulla neve.
Nel 1988 ancora il Nacional si trovò di fronte il PSV Eindhoven, che allenato da Guus Hiddink schierava Romario, Ronald Koeman e Søren Lerby.
Nel 1991 è il turno di Stella Rossa-Colo Colo. I serbi, prima squadra del blocco sovietico a vincere, schieravano Sinisa Mhajlovic, Vladimir Jugovic, Dejan Savicevic e Darko Pancev.
Nel 1992 si trovano due debuttanti di un certo livello. Il Barcellona con Koeman, Guardiola, Laudrup, Stoickov e Begiristain, allenato da Cruyff e il San Paolo di Cafu, Toninho Cerezo e Raimundo Souza Viera de Oliveira, detto Raí, fratello minore di Socrates, allenato da Telè Santana.
Nel 1994 un Milan stellare (Tassotti, Maldini, Costacurta, Baresi, Albertini, Desailly, Boban, Savicevic allenati da Capello) perde a sorpresa contro il Velez Sarsfield di un tecnico emergente di nome Carlos Bianchi. In campo per il Fortin Chilavert, el Turu Flores ed el Turco Asad.
Nel 1995 si affrontano l'Ajax di Van Gaal, stracolmo di nomi noti come Van der Saar, Blind, i fratelli de Boer, Davids, Litmanen, Kuivert, Overmars e Kanu e il Gremio di Scolari, con Jardel in attacco e Arce in difesa.
Nel 1997 il Borussia Dortmund di Nevio Scala con Paulo Sosa e Chapuisat affronta il Cruzeiro di un giovane Dida e Bebeto.
Nel 1999 il Manchester United di Gary Neville, Stam, Beckham, Giggs, Scholes, Keane e Solskjær (ma soprattutto di Mikael Silvestre) affronta il Palmeiras di Scolari, con Arce, Junior Baiano, Roque Junior, Junior quello visto al Parma, Cesar Sampaio, Asprilla e quell'Alex che poi ha scritto qualche pagina di storia al Fenerbache.
La finale del 2004, ultima di Coppa Intercontinentale, è stata una divertente beffa della storia. La Champions League aveva visto trionfare il Porto di un impertinente giovane allenatore chiamato Josè Mourinho, evidentemente con la strada spianata dal destino, mentre in Libertadores gli dei avevano deciso di premiare i colombiani dell'Once Caldas. Nei portoghesi, che dovevano essere allenati da Delneri, militavano Vitor Baia, Ricardo Costa, Costinha, Maniche, Diego, Luis Fabiano e Quaresma, mentre per i colombiani si ricordano solo Elkin Soto e Juan Carlos Henao, e il portiere solo per la vittoria in Libertadores. Ugualmente si dovette arrivare ai rigori a oltranza.
Dal 2005 la manifestazione è stata assorbita nel cosiddetto Mondiale per Club, competizione organizzata e fortemente voluta dalla FIFA. Vi prendono parte i vincitori dell'equivalente della Champions League di ogni confederazione (Europa, Sudamerica, Centro-nordamerica, Africa, Asia, Oceania) e dal 2007 anche la squadra campione nazionale del paese ospitante.
Fino al 2008 si è giocato in Giappone, mentre in seguito la sede è scelta dalla FIFA sullo stile del Mondiale per nazioni.
Ma questa è un'altra storia, e dovrà essere raccontata un'altra volta.
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