11 apr 2014

Lionel Messi, ossia la dura vita del centro di gravità blaugrana

L'eliminazione del Barcellona ai quarti di Champions League per mano dell'Atletico Madrid ha sollevato un enorme interrogativo in ogni singolo spettatore: chi era quel ragazzo con la maglia numero 10?
Di solito questa domanda nasce da un genuino e positivo stupore per le magie prodotte sul campo da gioco da Lionel Messi, ma in questo caso l'origine è opposta. Sicuri che fosse l'argentino? Troppo fermo, troppo lento, troppo abulico, troppo in balia degli eventi. Troppo essere umano per uno abituato a macinare vittorie mentra aggiorna la casella dei record. La sensazione di qualcosa di strano, di inadatto al contesto, di troppo evidentemente sbagliato per essere casuale è stata netta, ne sono una dimostrazione articoli del genere.
Ma veramente Messi ha un problema? E se si quale?

Partiamo da un presupposto fondamentale. Se la buttiamo sui numeri, Messi vince sempre. Anche quest'anno viaggia sostanzialmente a un gol a partita risultando nei fatti incontestabile. Il ragionamento deve andare quindi oltre le fredde statistiche, che in ogni caso non dicono tutto del rendimento di un giocatore.

Per prima cosa, il 2013 è stato l'anno solare peggiore della sua carriera "matura". Qualche gol in meno del solito, ma soprattutto qualche infortunio e una difficoltà fisica generale che di fatto lo ha costretto alla scena muta nelle partite importanti. Quasi esattamente un anno fa la Pulga non aveva nemmeno preso parte ai quarti di finale contro il PSG sollevando circa gli stessi dubbi tecnico/tattici di oggi. Ai tempi in molti hanno pensato a una preparazione fisica troppo tarata su una partenza esplosiva. Il Barcellona di Tito Vilanova, infatti, aveva regalato ai fan un primo semestre di dominio totale nella stagione 2012/2013 per poi rallentare la corsa, e questo è stato visibile soprattutto nelle condizioni di Messi, che nel 2012 era stato semplicemente inarrestabile.
Il pensiero nella testa di tutti, paragonate le due stagioni, è che quest'anno l'argentino abbia invece tarato la sua preparazione in vista dell'appuntamento della vita, i Mondiali in Brasile, cioè il grande sogno del giocatore, a cui manca solo imporsi con la nazionale per entrare nell'Olimpo, e di tutto il popolo argentino. Imparando dal passato ha preferito non correre rischi, optando per una partenza lenta, anche con qualche intoppo, che però potesse portarlo al top per l'Argentina.
Per quanto possa apparire ingrato "abbandonare" così la causa catalana, bisogna considerare che questo per Messi sarà il terzo Mondiale e ci arriva al massimo della maturità da superstar assoluta. Fallire non è un'opzione, aspettare altri 4 anni per un'occasione sarebbe troppo doloroso. Col Barcellona ha già assommato 21 titoli, con l'Argentina sta a 2 datati 2005 e 2008.
Quindi un primo problema, un primo tarlo nella testa, è di sicuro il Mondiale.

Ci sono però anche una serie di fattori ambientali che nel corso della stagione hanno messo il giocatore in una condizione particolare.
L'arrivo di Neymar non va sottovalutato. Un giovane (1992, 5 anni in meno) universalmente riconosciuto come grande talento, tra i primissimi al mondo, pagato una cifra esorbitante e con uno stipendio da top fin da subito, un acquisto mediatico e futuribile, un giocatore già con uno status importante, ma con una prospettiva anche maggiore. Forse addirittura un erede. Nessuno aveva mai avuto un profilo simile nell'era del Barcellona post triplete, o per motivi di età o per impatto di immagine.
Messi negli ultimi anni non ha avuto un grande rapporto con gli altri attaccanti della rosa. Chiedete a David Villa, che ha giocato da indemoniato ogni partita contro i suoi ex compagni. Lionel del resto è oggi il leader assoluto del Barcellona. Alla decima stagione in prima squadra, con i 21 titoli che dicevamo e oltre 300 gol, a soli 26 anni l'argentino ha chiaramente in mano tutto nella capitale catalana. Gli altri leader storici del gruppo dei canterani sono più vecchi di lui e in ogni caso non possono competere coi suoi numeri, pur traboccando talento. Messi è il Barcellona oggi e lo sarà anche domani, come idea. Se serviranno gol si andrà sempre da lui, nelle partite importanti si aspetterà un suo guizzo. Il centro della scena è e deve essere suo. La sensazione è che non abbia preso benissimo l'arrivo di uno come Neymar, per tutto quello che rappresenta. Parlo di sensazioni perchè non c'è nulla di concreto, per quanto più di una parola si sia spesa sul difficile rapporto in campo tra i due. Fuori la Pulce non è mai risultato un amicone di nessuno, ma sul terreno di gioco spesso sembra proprio ignorare il compagno brasiliano. Non è paura, è marcare il territorio, con una punta e qualcosa in più di permalosità.
La situazione, nella mia ottica, si è inasprita quando Javier Faus, vicepresidente economico del club, ha parlato di un eventuale rinnovo di contratto per il ragazzo, che ha un accordo fino al 2018 col secondo compenso più alto al mondo. "Non c'è alcun motivo di migliorare il contratto a quel signore a cui è già stato adeguato negli ultimi due anni, non possiamo rivedere gli accordi ogni 6 mesi".
Messi (ricordate la permalosità?) l'ha presa bene: "Faus non sa niente di calcio e vuole gestire il Barcellona nel modo sbagliato". Sono ovviamente seguite varie dichiarazioni a ogni livello per spegnere il fuoco, ma non si è ottenuto nulla più che una tregua armata.
Fatti i suoi conti, la Pulce è passata al contrattacco. Sul tavolo del neo-presidente Bartomeu è arrivata una richiesta di rinnovo per 5 anni a 25 milioni l'anno. Giusto per mettere nero su bianco e con diversi zeri chi è il numero uno della squadra e magari del mondo. "Finchè i tifosi e i dirigenti del Barcellona mi vorranno io resterò qui", che tradotto significa se veramente mi volete in squadra adesso pagate, e tanto, perchè magari avete delle idee alternative che non mi piacciono molto, e coi numeri che produco quello stipendio me lo merito. 

Tornando all'attualità e unendo i puntini fin qui disseminati è facile pensare al numero 10 visto nei quarti di Champions come un giocatore in sciopero. Siete liberi di non volermi o preferire altri, ma se io non gioco finisce così. Per ora mi concentro sul Mondiale, poi se si firma il rinnovo ne parliamo. Un messaggio trasversale in mondovisione.
Messi, oggi, è il centro di gravità del mondo blaugrana, ma questo concetto può avere un'accezione positiva e una negativa. Quella negativa si sta manifestando, e forse non se la aspettavano in molti.



P.S.
A margine, proprio l'appuntamento brasiliano potrebbe regalare un'estate infuocata al Barcellona.
In questo contesto di rapporti, immaginatevi Neymar che torna con la coppa, magari da miglior giocatore, magari dopo aver eliminato l'Argentina.

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