20 mag 2013

Europeo U17: le pagelle dell'Italia


Nonostante la delusione per la sconfitta ai calci di rigore contro la Russia, l'Italia U17 di Zoratto ha centrato un risultato dal sapore comunque storico. È infatti la prima nazionale azzurra under-17 ad approdare in finale all'Europeo ed è la seconda a qualificarsi per il Mondiale di categoria.
Nel corso della manifestazione gli azzurrini hanno dimostrato di essere una compagine solida, determinata, con buone basi tecniche e già votata all'equilibrio tattico. Il modulo piuttosto scolastico e poco avventato ha senza dubbio penalizzato i giocatori d'attacco - l'aver chiuso il torneo con tutte le punte a quota zero reti ne è la dimostrazione - e ha invece esaltato le doti di centrocampisti e difensori.

A pochi mesi di distanza dal Sudamericano U17, la differenza tra una squadra di stampo europeo come l'Italia di Zoratto e l'Argentina campione di Humbertito Grondona è piuttosto evidente e può essere considerata la perfetta esemplificazione di due scuole calcio più lontane che mai. Gli azzurrini, come detto in precedenza, hanno messo in evidenza gioco corale, movimenti e predisposizione mentale da giocatori in erba, mentre gli argentini hanno sopperito alle lacune tattiche con i singoli e la forza di volontà. Se da una parte il centrocampo Palazzi-Pugliese ha svolto un ruolo fondamentale in interdizione, palleggio, inserimenti, raddoppi e coperture sugli esterni, dall'altra sono emersi i talenti isolati di giocatori come Driussi o Leo Suarez, giovanissimi in grado di fare la differenza in ogni momento, ma ancora acerbi dal punto di vista tattico.

In generale si è trattato di un Europeo poco incline al talento e molto orientato al calcio vero, quello in cui il risultato conta più di ogni altra cosa. L'assenza di squadre come Spagna e Germania ha sicuramente contribuito ad accrescere questa sensazione, tuttavia chi è arrivato alla fase finale lo ha fatto eliminando proprio queste avversarie ed è doveroso rendere i giusti meriti.


Di seguito le pagelle degli azzurrini:

Scuffet 8: tiene a galla la squadra contro la Croazia e dà sempre sicurezza al reparto. La ciliegina sulla torta sono senza dubbio i rigori in finale.
Calabria 7: solido. Davanti si vede poco, ma dietro sbaglia il minimo sindacale e affronta tutte le situazioni con grande sicurezza e tranquillità.
Sciacca 6: gioca con classe e cerca sempre la chiusura pulita, ma facendo così l'errore è dietro l'angolo e il buco con la Russia nel girone ne è la dimostrazione. Ogni tanto si fa trovare fuori posizione ed è poco cattivo sui palloni. La sensazione è che, giocando da centrale, inizi a soffrire fisicamente alcuni avversari.
Capradossi 7: tra i due centrali è quello più attento ed efficace. Non bada alla forma ma solo alla sostanza e ha anche il merito di segnare due reti. In finale rischia un errore come quello di Sciacca, ma è più fortunato dell'interista.
Dimarco 8: è un '97, ma non si direbbe. Difende bene anche su un avversario come Halilovic, poi spinge, imposta e contiene. La prestazione in finale è la conclusione perfetta di un torneo giocato ad altissimi livelli.

Pugliese 7: compensa il fisico non imponente con tanto sacrificio e dinamismo. Alterna partite in cui gioca statico - quasi da regista - ad altre in cui tenta inserimenti e folate offensive. In finale fatica soffrendo probabilmente la tensione.
Palazzi 7: se i grandi giocatori si vedono quando conta, lui è sulla buona strada. Inizia male il torneo pagando il fatto di giocare in un ruolo molto delicato, poi continua a crescere e in finale è tra i migliori in campo. È il classico giocatore che la retorica calcistica descrive con un "c'è ma non si vede". Imposta, difende, detta i tempi del pressing.
Tutino 6: fumoso. Corre molto, ma spesso lo fa a vuoto e con poca sincronia nel gioco di squadra. Quando si accende può fare la differenza, ma succede di rado.
Parigini 6,5: gioca poco in relazione all'impatto che ha quando subentra. A quanto pare non convince Zoratto e addirittura in finale entra solo per calciare il rigore. Probabilmente è poco adatto al 442 dell'allenatore, ma dà sempre quel tocco di imprevedibilità alla manovra.
Steffè 6,5: entra nel finale dell'ultima partita del girone e non esce più. Pur giocando fuori ruolo garantisce corsa e intelligenza tattica a cui è impossibile rinunciare.
Tibolla 6: anche lui dà forza fisica e corsa al centrocampo in un ruolo non suo, ma fatica ad imporre il proprio passo e piano piano esce dall'11 titolare.

Bonazzoli 6,5: è uno dei più giovani del torneo, ma mette in mostra lampi di classe autentica. È un giocatore vero in costruzione e si vede per come si muove, difende palla e la gioca. Manca il gol e a tratti soffre fisicamente (è un '97), ma tra gli azzurrini è sicuramente uno di quelli con il futuro più luminoso davanti. Paga la scarsa intesa con Cerri e un gioco offensivo azzurro un po' troppo dipendente dal centravanti del Parma e dalla sua stazza.
Vido 6: anche lui '97, prende il posto di Bonazzoli garantendo quel qualcosa in più in termini di sacrificio e intensità fisica. Alterna ottime giocate ad un paio di errori clamorosi a tu-per-tu con il portiere avversario.
Cerri 5: doveva essere l'arma in più dell'Italia, ma, forse proprio per le troppe aspettative, fatica più degli altri. Fa sempre un gran lavoro nel tentativo di far salire la squadra, ma nonostante la clamorosa superiorità fisica non riesce ad incidere. Sia Bonazzoli che Vido faticano a integrarsi nella coppia d'attaco in cui lui calamita ogni pallone, al punto che diventa lecito chiedersi se il problema non fossero i due giovanissimi. A volte cerca la giocata troppo difficile e nel corso del torneo si divora qualche gol di troppo.



Ha collaborato Roberto Ruggio

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