Hanno vinto i migliori.
La squadra più tecnica, più vincente, con più talenti.
Il Santos dopo due titoli paulisti e una Copa do Brasil vince il trofeo più pretigioso del Sudamerica imponendosi per 2-1 al Pacaembu contro il Peñarol, al termine di una doppia finale con tanto sapore di storia.
Vince grazie ai suoi due superfenomeni, Ganso e Neymar.
L'attaccante riscatta una finale d'andata indecorosa mettendo finalmente in campo più che il suo carattere terribilmente immaturo il suo talento, aggiungendoci pure una buona dose di sacrificio, diventa una spina nel fianco costante per la difesa aurinegra, segna il gol dell'1-0 (sesto nella competizione) e colpisce anche un palo.
Paulo Herique Ganso torna a giocare dopo l'ennesimo problema fisico della sua giovane carriera, ma si conferma subito direttore d'orchestra di livello superiore. Con lui (finale di ritorno) o senza di lui (finale d'andata a Montevideo) cambia completamente il volto offensivo della squadra. Sfruttando tocchi veloci e sapienti mette ordine nel caos crocifiggendo l'arcigna difesa del Peñarol, che fa una fatica immensa a chiudere su di lui lasciando spazi per tutti gli altri. Il numero 10 conferma il suo straordinario talento, ma fornisce soprattutto prova di grande personalità prendendo in mano la squadra in modo tanto evidente, al rientro, nella gara più importante.
C'è però di più nella squadra in maglia bianca. Il 10 e l'11 sono le gemme scintillanti di un tesoro molto più ampio.
Danilo dimostra tutta la sua duttilità tattica giocando la finale da terzino destro. Contro avversari che sfruttano molto il gioco sulle fasce non solo si dimostra difensivamente solido, ma si toglie la soddisfazione di segnare di sinistro il suo quarto gol nella competizione, una vera perla. Recupera molti palloni, corre per tutto il campo fino alla fine e sfrutta la sua grande progressione per aprire invitati spazi nella difesa avversaria. Non dimentichiamo che se il Santos è arrivato fin qui lo deve in gran parte a un suo gol pesantissimo ad Asuncion contro il Cerro Porteño nei gironi, nella partita in cui erano squalificati tutti i leader tecnici della squadra paulista. Leggere alla voce personalità.
Elano è stato tanto deludente nella partita di andata quanto decisivo in quella di ritorno. Qualche metro più indietro, senza la pressione di dover guidare la squadra, è ritornato il giocatore che tutti conosciamo (caponannoniere del paulistao, tra l'altro), capace di impostare, rifinire e concludere. Lui e Ganso sono stati un rebus irrisolvibile che ha fatto ammattire Aguiar e Freitas. Ingranaggio perfetto in un meccanismo vincente.
Il portiere classe 90 Rafael Cabral Barbosa è già una sicurezza sia tra i pali che nelle uscite, ne sentiremo parlare.
Ma le vere armi segrete per fermare il Peñarol sono stati Adriano e Arouca. I due mediani hanno giocato una doppia finale assolutamente straordinaria.
Il numero 15 è l'eroe silenzioso. Classico mediano difensivo ha messo in mostra una capacità tattica notevole coprendo sempre gli insidiosissimi movimenti dei giocatori offensivi uruguaiani, raddoppiando dove era necessario e recuperando quello che passava dalle sue parti. Un vero scoglio su cui si sono infrante tutte le ondate offensive degli avversati. In pratica tutto ciò che non è riuscito al suo omologo Nicolas Freitas.
Arouca con una progressione devastante impreziosita dalla collaborazione di tacco di Ganso ha originato il gol di Neymar. Ma la cosa veramente importante è stata la sua velocità, che gli ha permesso di contenere tutte le progressioni del pericolo pubblico numero uno Alejandro Martinuccio. Troppo veloce, troppo dinamico, troppo fisico per essere superato, maledettamente decisivo.
Infine l'allenatore, Mauricy Ramalho.
Il vero dominatore del calcio brasiliano degli ultimi anni (tre titoli consecutivi nel Brasileirao col San Paolo dal 2006 al 2008, più il titolo 2010 con al Fluminense) dopo essersi permesso il grande rifiuto alla nazionale ha portato il Santos sul tetto del continente (dopo aver curiosamente iniziato la competizione con la Fluminense). Gioco offensivo e palleggio sono le caratteristiche dominanti del suo credo calcistico, ma sa ottenere dai suoi sacrificio (chiedere al prossimo genoano Ze Eduardo), ordine tattico e personalità quando più serve. Se vince sempre riuscendo a valorizzare qualsiasi talento gli passi per le mani (da Hernanes a Dario Conca a Neymar) qualcosa vorrà pur dire.
Il Santos è una squadra che dopo l'epopea di Pelè ha visto la sua rinascita nei primi anni 2000, con giocatori come Diego, Robinho, Alex e Ricardo Oliveira. Quel primo, nuovo grande Santos dei giovani perse la Libertadores 2003 in finale contro il Boca Juniors.
La nuova generazione è riuscita nell'impresa che quella vecchia aveva fallito. Con Elano, giovane nel 2003, ad indicare ai giovani d'oggi gli errori da superare.
La squadra più tecnica, più vincente, con più talenti.
Il Santos dopo due titoli paulisti e una Copa do Brasil vince il trofeo più pretigioso del Sudamerica imponendosi per 2-1 al Pacaembu contro il Peñarol, al termine di una doppia finale con tanto sapore di storia.
Vince grazie ai suoi due superfenomeni, Ganso e Neymar.
L'attaccante riscatta una finale d'andata indecorosa mettendo finalmente in campo più che il suo carattere terribilmente immaturo il suo talento, aggiungendoci pure una buona dose di sacrificio, diventa una spina nel fianco costante per la difesa aurinegra, segna il gol dell'1-0 (sesto nella competizione) e colpisce anche un palo.
Paulo Herique Ganso torna a giocare dopo l'ennesimo problema fisico della sua giovane carriera, ma si conferma subito direttore d'orchestra di livello superiore. Con lui (finale di ritorno) o senza di lui (finale d'andata a Montevideo) cambia completamente il volto offensivo della squadra. Sfruttando tocchi veloci e sapienti mette ordine nel caos crocifiggendo l'arcigna difesa del Peñarol, che fa una fatica immensa a chiudere su di lui lasciando spazi per tutti gli altri. Il numero 10 conferma il suo straordinario talento, ma fornisce soprattutto prova di grande personalità prendendo in mano la squadra in modo tanto evidente, al rientro, nella gara più importante.
C'è però di più nella squadra in maglia bianca. Il 10 e l'11 sono le gemme scintillanti di un tesoro molto più ampio.
Danilo dimostra tutta la sua duttilità tattica giocando la finale da terzino destro. Contro avversari che sfruttano molto il gioco sulle fasce non solo si dimostra difensivamente solido, ma si toglie la soddisfazione di segnare di sinistro il suo quarto gol nella competizione, una vera perla. Recupera molti palloni, corre per tutto il campo fino alla fine e sfrutta la sua grande progressione per aprire invitati spazi nella difesa avversaria. Non dimentichiamo che se il Santos è arrivato fin qui lo deve in gran parte a un suo gol pesantissimo ad Asuncion contro il Cerro Porteño nei gironi, nella partita in cui erano squalificati tutti i leader tecnici della squadra paulista. Leggere alla voce personalità.
Elano è stato tanto deludente nella partita di andata quanto decisivo in quella di ritorno. Qualche metro più indietro, senza la pressione di dover guidare la squadra, è ritornato il giocatore che tutti conosciamo (caponannoniere del paulistao, tra l'altro), capace di impostare, rifinire e concludere. Lui e Ganso sono stati un rebus irrisolvibile che ha fatto ammattire Aguiar e Freitas. Ingranaggio perfetto in un meccanismo vincente.
Il portiere classe 90 Rafael Cabral Barbosa è già una sicurezza sia tra i pali che nelle uscite, ne sentiremo parlare.
Ma le vere armi segrete per fermare il Peñarol sono stati Adriano e Arouca. I due mediani hanno giocato una doppia finale assolutamente straordinaria.
Il numero 15 è l'eroe silenzioso. Classico mediano difensivo ha messo in mostra una capacità tattica notevole coprendo sempre gli insidiosissimi movimenti dei giocatori offensivi uruguaiani, raddoppiando dove era necessario e recuperando quello che passava dalle sue parti. Un vero scoglio su cui si sono infrante tutte le ondate offensive degli avversati. In pratica tutto ciò che non è riuscito al suo omologo Nicolas Freitas.
Arouca con una progressione devastante impreziosita dalla collaborazione di tacco di Ganso ha originato il gol di Neymar. Ma la cosa veramente importante è stata la sua velocità, che gli ha permesso di contenere tutte le progressioni del pericolo pubblico numero uno Alejandro Martinuccio. Troppo veloce, troppo dinamico, troppo fisico per essere superato, maledettamente decisivo.
Infine l'allenatore, Mauricy Ramalho.
Il vero dominatore del calcio brasiliano degli ultimi anni (tre titoli consecutivi nel Brasileirao col San Paolo dal 2006 al 2008, più il titolo 2010 con al Fluminense) dopo essersi permesso il grande rifiuto alla nazionale ha portato il Santos sul tetto del continente (dopo aver curiosamente iniziato la competizione con la Fluminense). Gioco offensivo e palleggio sono le caratteristiche dominanti del suo credo calcistico, ma sa ottenere dai suoi sacrificio (chiedere al prossimo genoano Ze Eduardo), ordine tattico e personalità quando più serve. Se vince sempre riuscendo a valorizzare qualsiasi talento gli passi per le mani (da Hernanes a Dario Conca a Neymar) qualcosa vorrà pur dire.
Il Santos è una squadra che dopo l'epopea di Pelè ha visto la sua rinascita nei primi anni 2000, con giocatori come Diego, Robinho, Alex e Ricardo Oliveira. Quel primo, nuovo grande Santos dei giovani perse la Libertadores 2003 in finale contro il Boca Juniors.
La nuova generazione è riuscita nell'impresa che quella vecchia aveva fallito. Con Elano, giovane nel 2003, ad indicare ai giovani d'oggi gli errori da superare.
Articolo molto bello che lascia parecchi spunti interessanti. Oltre alle lodi ad Arouca e Adriano mi è piaciuta la parte dedicata a Mauricy Ramalho, che effettivamente è il Re Mida del Brasile in questo momento.
RispondiEliminaQuasi dimenticavo. La rissa di fine partita: è una tradizione ormai, è praticamente paragonabile alla musichetta della Champions in Europa.
RispondiEliminaMa si sa perchè è scattata la rissa? :D
RispondiEliminaE di Ramalho ho citato solo i campionati nazionali, ci sarebbero tutti quelli statali vinti con squadre più o meno a caso...è incredibile come nn sia mai elogiato particolarmente come tecnico o per il gioco, però alla fine vince e quindi chi ha ragione? :D