19 feb 2013
Inter, i numeri della crisi
Sentendo le dichiarazioni dei diretti interessati, ritengo che la gravità e l'ampiezza della crisi in cui versa l'Inter non siano universalmente percepite nella loro interezza.
Innanzitutto specifichiamo che si parla di un periodo di tempo che inizia l'11 Novembre 2012, 3 mesi pieni, e comprende 14 giornate di campionato, 3 partite di Europa League e 3 di Coppa Italia.
Su 20 partite contiamo 7 vittorie (4 in campionato, 1 in Europa League, 2 in Coppa Italia di cui 1 ai supplementari), 5 pareggi (4 campionato, 1 Europa League) e 8 sconfitte (6,1,1).
In totale 28 gol segnati (18 in campionato, 4 in Europa League e 6 in Coppa Italia) e 32 subiti (23, 5, 4). Il totem offensivo Diego Milito ha prodotto 2 gol (contro Napoli e Chievo).
5 sconfitte (Atalanta, Udinese, Siena, Fiorentina, Rubin Kazan) sono arrivate con almeno 3 gol subiti.
Andrea Stramaccioni ha sottolineato come le partite di Europa League abbiano determinato risultati negativi in campionato a causa della stanchezza dei giocatori.
Le partite di coppa si sono giocate l'8 Novembre (11 sconfitta a Bergamo), il 22 dello stesso mese (26 sconfitta a Parma), il 6 Dicembre (il 9 vittoria col Napoli) e il 14 Febbraio (17 sconfitta a Firenze). Le formazioni titolari si ripetono rispettivamente per 6/11, 1/11, 2/11, 6/11.
I numeri più seri riguardano il campionato, e dopo la sosta natalizia il trend negativo si è addirittura aggravato. In 7 partite 2 vittorie (contro Pescara e Chievo), 2 pareggi (Roma e Torino), 3 sconfitte (Udinese, Siena, Fiorentina). 14 gol subiti, 10 fatti. Le 3 sconfitte sono state tutte tonfi clamorosi senza appello, 10 gol subiti e 1 solo segnato.
Un andamento con risalite tremolanti e crolli troppo fragorosi per non allarmare.
Con 16 punti in 14 giornate l'Inter è passata da essere seconda a -1 dalla Juventus a trovarsi quinta a -1 dal terzo posto che detengono in coabitazione Milan e Lazio.
15 feb 2013
Il doppio problema Milito
Lasciando da parte il profondo trauma emotivo di ogni tifoso dell'Inter, il grave infortunio del Principe Diego Alberto Milito apre delle problematiche serie in termini decisionali per la società nerazzurra in una doppia ottica temporale, per il presente e per l'immediato fututo.
Partiamo dai fatti.
Milito è un giocatore straordinario, la prima punta ideale su cui si costruisce tutto il gioco di Andrea Stramaccioni, sia in termini di palleggio che di finalizzazione. Anche per questo la rosa nerazzurra non prevede un suo sostituto, semplicemente non esiste. Giocatore più pagato dell'Inter, contratto fino al 2014, classe 1979.
Da ieri ai fatti bisogna aggiungere la lesione del crociato anteriore e del collaterale esterno, un infortunio grave e con tempi di recupero decisamente lunghi, di solito intorno ai 6 mesi (per la ripresa dell'attività agonistica, la preparazione fisica è un altro paio di maniche).
Quindi, i problemi.
Quello immediato è che l'Inter si trova in rosa solo tre punte di ruolo, un reparto a dire poco ridotto all'osso. Cassano e Palacio diventano titolari inamovibili, con Rocchi unica alternativa di ruolo (non schierabile nemmeno in Europa League). Si richiederà loro un grande sforzo sia in termini di fisico che di personalità. Nella speranza che l'ex Lazio abbia ancora qualche cartuccia da sparare.
Ma c'è anche da considerare l'ottica futura. Milito è ancora per un anno il giocatore più pagato della rosa, il riferimento assoluto. Impensabile relegarlo a un ruolo di secondo piano anche per il costo di eventuali sostituti di adeguato spessore. Non a caso si parla dell'arrivo di Mauro Icardi, talento finchè si vuole, ma giovane classe '93 disposto anche a sedersi in panchina.
Bisogna quindi chiedersi cosa fare col Principe. Lo si tiene fino a scadenza? Lo si aspetta ancora come potenziale titolare a cui affiancare un giovane? Si è disposti a curarlo e poi dargli tutto il tempo e i minuti necessari a tornare in forma? Si porta in rosa un giovane e un nuovo titolare per ricostruire l'attacco? E l'ultimo anno di contratto da giocatore più pagato come si gestisce?
Problematiche non semplici anche per tutta la componente emozionale a cui è indissolubilmente legato Milito.
Ma qualcuno in società dovrà pensarci e fare delle scelte. Da cui dipenderà molto del futuro immediato dell'Inter.
Partiamo dai fatti.
Milito è un giocatore straordinario, la prima punta ideale su cui si costruisce tutto il gioco di Andrea Stramaccioni, sia in termini di palleggio che di finalizzazione. Anche per questo la rosa nerazzurra non prevede un suo sostituto, semplicemente non esiste. Giocatore più pagato dell'Inter, contratto fino al 2014, classe 1979.
Da ieri ai fatti bisogna aggiungere la lesione del crociato anteriore e del collaterale esterno, un infortunio grave e con tempi di recupero decisamente lunghi, di solito intorno ai 6 mesi (per la ripresa dell'attività agonistica, la preparazione fisica è un altro paio di maniche).
Quindi, i problemi.
Quello immediato è che l'Inter si trova in rosa solo tre punte di ruolo, un reparto a dire poco ridotto all'osso. Cassano e Palacio diventano titolari inamovibili, con Rocchi unica alternativa di ruolo (non schierabile nemmeno in Europa League). Si richiederà loro un grande sforzo sia in termini di fisico che di personalità. Nella speranza che l'ex Lazio abbia ancora qualche cartuccia da sparare.
Ma c'è anche da considerare l'ottica futura. Milito è ancora per un anno il giocatore più pagato della rosa, il riferimento assoluto. Impensabile relegarlo a un ruolo di secondo piano anche per il costo di eventuali sostituti di adeguato spessore. Non a caso si parla dell'arrivo di Mauro Icardi, talento finchè si vuole, ma giovane classe '93 disposto anche a sedersi in panchina.
Bisogna quindi chiedersi cosa fare col Principe. Lo si tiene fino a scadenza? Lo si aspetta ancora come potenziale titolare a cui affiancare un giovane? Si è disposti a curarlo e poi dargli tutto il tempo e i minuti necessari a tornare in forma? Si porta in rosa un giovane e un nuovo titolare per ricostruire l'attacco? E l'ultimo anno di contratto da giocatore più pagato come si gestisce?
Problematiche non semplici anche per tutta la componente emozionale a cui è indissolubilmente legato Milito.
Ma qualcuno in società dovrà pensarci e fare delle scelte. Da cui dipenderà molto del futuro immediato dell'Inter.
4 feb 2013
Mentalità perdente
La crisi in cui ormai l'Inter versa da mesi è una questione con un risvolto psicologico significativo.
Dopo la vittoria di Torino tutto l'ambiente pensava di poter volare alto, più alto del dovuto (inutile negarlo). L'eccessiva esaltazione è stata demolita da squalifiche, infortuni, errori di tutti a ogni possibile livello e il ritorno sulla terra non si è ancora fermato a mesi di distanza.
Oltre alla componente tecnica, è evidente un appiattimento psicologico. La squadra di fatto è stata incapace di trovare risorse per reagire ai mille problemi che sono nati, molto raramente e solo per periodi determinati di gioco si è vista in campo la grinta e la tenacia che i tifosi si aspettano. Non a caso tutte le volte che l'Inter poteva rosicchiare qualche punto in classifica alla fine al massimo ha mantenuto invariato il distacco con le squadre davanti, mentre quelle dietro si sono avvicinate sempre di più (se è facile notare l'aggancio del Milan, ricordo che la Fiorentina è a 1 punto e il Catania a 5).
Di pari passo è andata spegnendosi la baldanza delle dichiarazioni. Oggi c'è un obiettivo dichiarato, il terzo posto, e la sua rappresentazione è la Lazio a 3 punti, su cui a parole tutti nell'Inter stanno facendo la corsa.
Ovvio che nessuno possa realisticamente parlare di punti di arrivo più ambiziosi, ma da quando puntare dichiaratamente al minimo porta risultati? Ogni risultato trova una giustificazione troppo comoda e regala alibi troppo facili. L'appiattimento sul minimo è praticamente garantito.
E se alla fine non fosse la Lazio la concorrente per il vitale posto Champions? L'Inter rischia di perdere un'altra stagione per l'atavica assenza di una leadership seria e definita.
Il terzo posto di suo non è un obiettivo ambizioso per una squadra come l'Inter, ma la perdita di qualunque stimolo in questa stagione è reso ancor più evidente dalla considerazione data alle coppe.
Il mercato di Gennaio e la conseguente variazione della lista ha di fatto declassato l'Europa League a terzo obiettivo se non proprio partitella infrasettimanale. La semifinale di andata di Coppa Italia è stata affrontata per ottenere al massimo un pareggio (e infatti è arrivata la sconfitta), sperando di potersi giocare il tutto per tutto al ritorno in casa.
Tutto va sul campionato, dove si punta a raggiungere un piazzamento minimo.
Perdere aiuta a perdere ed è molto più facile abituarsi alla sconfitta che ritornare a vincere.Senza alcuna motivazione concreta a fare di più si tenderà a fare sempre di meno.
L'Inter si trova (per la seconda stagione consecutiva, praticamente nello stesso periodo) in questo tunnel dall'11 Novembre, e non si intravede nemmeno l'idea della luce in fondo.
Dopo la vittoria di Torino tutto l'ambiente pensava di poter volare alto, più alto del dovuto (inutile negarlo). L'eccessiva esaltazione è stata demolita da squalifiche, infortuni, errori di tutti a ogni possibile livello e il ritorno sulla terra non si è ancora fermato a mesi di distanza.
Oltre alla componente tecnica, è evidente un appiattimento psicologico. La squadra di fatto è stata incapace di trovare risorse per reagire ai mille problemi che sono nati, molto raramente e solo per periodi determinati di gioco si è vista in campo la grinta e la tenacia che i tifosi si aspettano. Non a caso tutte le volte che l'Inter poteva rosicchiare qualche punto in classifica alla fine al massimo ha mantenuto invariato il distacco con le squadre davanti, mentre quelle dietro si sono avvicinate sempre di più (se è facile notare l'aggancio del Milan, ricordo che la Fiorentina è a 1 punto e il Catania a 5).
Di pari passo è andata spegnendosi la baldanza delle dichiarazioni. Oggi c'è un obiettivo dichiarato, il terzo posto, e la sua rappresentazione è la Lazio a 3 punti, su cui a parole tutti nell'Inter stanno facendo la corsa.
Ovvio che nessuno possa realisticamente parlare di punti di arrivo più ambiziosi, ma da quando puntare dichiaratamente al minimo porta risultati? Ogni risultato trova una giustificazione troppo comoda e regala alibi troppo facili. L'appiattimento sul minimo è praticamente garantito.
E se alla fine non fosse la Lazio la concorrente per il vitale posto Champions? L'Inter rischia di perdere un'altra stagione per l'atavica assenza di una leadership seria e definita.
Il terzo posto di suo non è un obiettivo ambizioso per una squadra come l'Inter, ma la perdita di qualunque stimolo in questa stagione è reso ancor più evidente dalla considerazione data alle coppe.
Il mercato di Gennaio e la conseguente variazione della lista ha di fatto declassato l'Europa League a terzo obiettivo se non proprio partitella infrasettimanale. La semifinale di andata di Coppa Italia è stata affrontata per ottenere al massimo un pareggio (e infatti è arrivata la sconfitta), sperando di potersi giocare il tutto per tutto al ritorno in casa.
Tutto va sul campionato, dove si punta a raggiungere un piazzamento minimo.
Perdere aiuta a perdere ed è molto più facile abituarsi alla sconfitta che ritornare a vincere.Senza alcuna motivazione concreta a fare di più si tenderà a fare sempre di meno.
L'Inter si trova (per la seconda stagione consecutiva, praticamente nello stesso periodo) in questo tunnel dall'11 Novembre, e non si intravede nemmeno l'idea della luce in fondo.
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