27 gen 2015

German Pezzella

Di German Pezzella si sente parlare in toni entusiastici da diversi anni: un predestinato, un talento cristallino pronto a essere conteso da mezza Europa e un giocatore con un futuro a tinte albicelesti. Tuttavia il ragazzo classe '91 non è mai riuscito ad affermarsi con continuità nella difesa del River Plate, complici le difficoltà incontrate dal club e un gravissimo infortunio a novembre 2012.
Escluso inizialmente per la scarsa esperienza, tradito nel momento più delicato dai legamenti del ginocchio destro e ritrovatosi panchinaro fisso a causa delle ottime prestazioni del veterano Maidana e dei giovani compagni Balanta e Funes Mori, Pezzella può sicuramente affermare di non aver avuto la strada spianata nei suoi primi anni di calcio professionistico.
Ma mai come in questo momento il difensore del River pare vicino al vero salto di qualità, forte della fiducia ritrovata e di una solidità -fisica e mentale- finora mai vista.

Prima di soffermarsi sul nativo di Bahia Blanca, vale forse la pena accennare alla produzione industriale di difensori centrali operata in questi anni dal club di Nunez. Un lavoro impressionante che finora ha fatto le fortune del club sul terreno di gioco, in attesa di potersi rivelare fondamentale anche a livello economico.

1990 - Mateo Musacchio
1991 - German Pezzella
1991 - Ramiro Funes Mori
1993 - Eder Alvarez Balanta
1996 - Emanuel Mammana
1996 - Leandro Vega

Difficile scegliere tra tutti questi prospetti, perché si passa da atleti fisicamente straripanti come Balanta, a giocatori con una classe e un senso della posizione di un'altra categoria, come il giovanissimo Mammana, passando per agonisti assoluti come Leandro Vega.

Pezzella, tra tutti questi, spicca "soltanto" per la straordinaria abilità nel gioco aereo, ma è quello che attualmente presenta meno punti deboli. Si tratta infatti di un difensore centrale solido, dotato di buon senso della posizione, concentrazione nell'arco dei novanta minuti, discreto dinamismo, piedi educati e carisma da vendere. Sulle palle alte, a livello sudamericano, è pressoché insuperabile, oltre a rappresentare un pericolo costante nell'area rivale, soprattutto se innescato dal sinistro sublime del compagno di squadra Pisculichi.

Il gol in finale di Copa Sudamericana è la ciliegina sulla torta di un 2014 iniziato in sordina e concluso in modo trionfale, con il sigillo in finale, il gol del trionfo nella Superfinal contro il San Lorenzo e un'agonica rete segnata al Boca Juniors sotto al diluvio del Monumental. Ma il vero capolavoro di German è stato riuscire a non far rimpiangere l'assenza di Maidana nel momento più importante e delicato della stagione, riuscendo anche a compensare il vistoso calo di forma del compagno di reparto Funes Mori. Un compito ingrato, dal momento che Maidana è con ogni probabilità uno dei migliori (il migliore?) centrali difensivi del campionato argentino, che il numero 20 millonario ha saputo ricoprire con sorprendente personalità e tranquillità.

La sua traiettoria ricorda in parte quella di Kranevitter, a lungo riserva di Ledesma e Ponzio, impostosi poi come il miglior volante d'Argentina, lontano dai riflettori e dal successo fulmineo. Pezzella ha infatti tutte le carte in regola per essere la grande conferma del maxi-campionato a 30 squadre in procinto di iniziare e, non a caso, il Muneco Gallardo pare stia già rivedendo le gerarchie del reparto arretrato.
In attesa dell'avvento di Mammana.

16 gen 2015

Il centrocampista segreto del Real Madrid

No, non intendo parlare di Toni Kroos, il centrocampista tessitore per definizione, l'unico erede e probabilmente anche l'evoluzione di un fenomeno come Xavi Hernandez. Lui è un centrocampista, anzi è un intero centrocampo, e spero ormai lo sappiano tutti.
Il giocatore di cui voglio parlare non è schierato centrocampista, ma di fatto rappresenta una costante aggiunta al reparto mediano blanco. Un equilibratore fondamentale e al contempo un distributore di gioco, in un ibrido posizionale unico e possibile solo nel contesto stellare del Real.
Il suo nome è Sergio Ramos.

Ramos nasce e cresce difensore, ma gli servono anni per stabilizzarsi in quella che è sempre sembrata la sua posizione naturale. Fin dai primi tempi si alterna come centrale difensivo, terzino destro e mediano di contenimento a causa di evidenti doti qualitative dal punto di vista tecnico, sopra la media per un difensore, ma anche di qualche amnesia di troppo in marcatura.
In particolare, nella sua esperienza al Real trova collocazione fissa come terzino destro praticamente per sei stagioni, dal 2005-2006 al 2010-2011. Fisico, tecnica, progressione e un certo gusto nel giocare la palla lo rendono un interprete del ruolo di livello tanto da ricoprire la stessa posizione anche con la Spagna. Dal 2011-2012 inizia a trovare continuità nel ruolo di difensore centrale, cosa possibile in nazionale grazie all'addio di Puyol. Il giocatore matura dal punto di vista mentale, è meno irruento e precipitoso, tatticamente migliora nella lettura del gioco, ma il processo richiede del tempo. La definitiva stabilizzazione si ha nel 2013-2014. Nella stagione attuale però Ramos fa un ulteriore passo avanti verso un'interpretazione del ruolo sostanzialmente unica. La chiave del cambiamento sta nella rivoluzione estiva firmata Florentino Perez.
Il presidente spagnolo, nella sua bulimia da campioni, smonta un reparto di centrocampo che aveva funzionato come una macchina perfetta cedendo due terzi dei titolari. Di Maria e Xabi Alonso, oltre ad avere talento da devolvere ai meno fortunati, tatticamente rappresentavano due elementi fondamentali per Carlo Ancelotti, uno per disequilibrare gli schieramenti avversari e l'altro come perno attorno cui far girare tutti gli altri. Sostituirli non è mera questione di nomi, ma un vero e proprio stravolgimento tattico. In particolare la capacità posizionale del basco diventava fondamentale per equilibrare una squadra traboccante di talento e pesantemente sbilanciata verso la fase offensiva.
Modric e Kroos, straordinari impostatori di gioco, sono una coppia evidentemente destinata a pagare qualcosa in fase difensiva, per attitudini e dinamismo. Sarebbero di sicuro più efficaci con alle loro spalle un giocatore in grado di leggere gli spazi, chiudere eventuali buchi e al contempo con qualità per giocare palla, sia nel breve verso di loro che lanciando lungo verso gli esterni, i quali rispondono pur sempre ai nomi di Gareth Bale e Cristiano Ronaldo. Qualcosa di simile al Busquets del Barcellona, per intenderci. C'è il limite invalicabile però di schierare solo undici uomini alla volta. L'intuizione di Ancelotti è stata che Sergio Ramos, pur giocando da centrale difensivo, poteva ricoprire questo ruolo.

Vedendo giocare il Real, Ramos è evidentemente incaricato di far partire l'azione. La sua posizione teorica è difensore centrale di sinistra, ma gioca sempre qualche metro più avanti del suo compagno di reparto, che sia Pepe o Varane. Spesso si trova anche in posizione centrale dietro ai due mediani e quando il possesso deve tornare indietro è sempre lui il primo referente. Il classico ruolo del regista davanti alla difesa alla spagnola, spesso assorbito anche tra i centrali per favorire il giro palla. Non a caso Ramos è il terzo giocatore per passaggi medi a partita, dietro Kroos e Modric e nettamente avanti agli altri centrali, con una delle percentuali di realizzazione più alte e addirittura il primo per lanci lunghi.
Suo compito specifico è far girare palla in modo pulito e veloce, sfruttando tecnica, visione e capacità di usare entrambi i piedi, se serve ribaltando il fronte o cercando il lancio lungo sugli esterni in profondità. Il lavoro tipico di uno Xabi Alonso, ricoperto però giocando difensore centrale. Le amnesie difensive, che ha sempre avuto e sempre avrà, diventano secondarie. Sergio Ramos di fatto non va in campo per fare il difensore, o almeno non primariamente.

Parliamo di una squadra con un attacco stellare, il 57% medio di possesso, un baricentro molto alto e un controllo sul gioco pressochè totale nella maggior parte delle partite che affronta. Senza questi presupposti, Ramos non potrebbe toccare così tanti palloni nè ricoprire un ruolo tanto delicato e particolare.


14 gen 2015

Mancini e i mediani davanti alla difesa

Spesso parlando del secondo avvento di Roberto Mancini sulla panchina dell'Inter si sente dire che tra le sue richieste c'è un regista da schierare davanti alla difesa, che si prenda la responsabilità di avviare l'azione.
Ma nella sua carriera da allenatore Mancini ha mai cercato un profilo simile?

Partiamo da due premesse.
In primo luogo il termine regista ormai è un'etichetta che può significare tante, troppe cose diverse. Il ruolo di cui parliamo in inglese si definisce deeplying playmaker, ed ha un suo rappresentante archetipico in Andrea Pirlo. Un profilo decisamente particolare, che nel mondo trova in realtà pochi esponenti ed è utilizzato assai più raramente di quello che si lascia intendere comunemente. Negli ultimi anni in Italia in particolare sembra che senza questa figura sia del tutto impossibile anche solo immaginare di giocare a calcio, quando si possono trovare comodamente svariati esempi del contrario. Occorre anche separare questa figura da quella del mediano di impostazione, giocatore in un certo senso più grezzo, con meno qualità pura e fantasia e una dose maggiore di fisicità e interdizione, questo sì più comune a tutti i livelli del calcio.
In secondo luogo c'è una netta demarcazione tecnica tra una mediana composta da due uomini ovvero da tre.

La prima squadra che lo jesino ha potuto costruire secondo i suoi desideri è stata la Lazio, che ha allenato dal 2002 al 2004. Il modulo di riferimento è il 4-4-2, con una mediana composta quindi da due uomini. Le caratteristiche si dividono in un giocatore più di regia e impostazione, di solito Liverani, ma anche un giovane Stankovic o Ousmane Dabo, e uno più di corsa e contenimento, Giannichedda o per il primo anno Diego Simeone.
Dal 2004 al 2008 è sulla panchina dell'Inter per la sua prima avventura in nerazzurro. Nella prima stagione, il 2004-2005, punta sul 4-4-2 in cui la mediana doveva fondarsi sulla coppia Veron-Davids. Problemi di equilibrio e risultati portarono al varo di una linea più robusta composta da Cambiasso e Cristiano Zanetti, con Stankovic e Veron dirottati sulle fasce in una sorta di 4-2-2-2 alla brasiliana. Volendo dividere per generi, i creativi erano Veron o Stankovic, mentre i portatori d'acqua Cambiasso, Cristiano Zanetti e Davids, finchè è rimasto. Nel 2005-2006 il modulo è lo stesso, ma c'è l'innesto di David Pizarro come alternativa a Veron e Stankovic spostato stabilmente in fascia sinistra. Il 2006-2007 porta alla scoperta del 4-4-2 a rombo, precisamente tra il primo e il secondo tempo della Supercoppa Italiana in cui l'Inter passa dal risultato di 0-3 al 4-3 nei supplementari. Per la prima volta quindi Mancini prova una mediana a tre, con la conseguente necessità di scegliere un uomo da mettere come riferimento davanti alla difesa. Per la prima parte di stagione la scelta cadde su Olivier Dacourt, poi rimpiazzato da Cambiasso quando tornato disponibile, con rarissime apparizioni anche di Stankovic nel ruolo. Meglio glissare sulla scelta fortunatamente occasionale di Burdisso. Notare che Pirlo nel Milan giocava già stabilmente da anni come regista basso. Il 2007-2008, suo ultimo anno, vede la conferma assoluta del rombo, con Cambiasso titolare inamovibile e un paio di presenze anche per Chivu da mediano.
Col passaggio al Manchester City nel Dicembre 2009 Mancini torna alla mediana a due, evidentemente la sua preferita. Il modulo è ancora il 4-4-2 in linea, con Nigel de Jong o Vieirà come mediani difensivi e Gareth Barry uomo d'ordine. Nel 2010-2011 la coppia di riferimento è ancora Barry-de Jong, con Yaya Tourè prima alternativa, mentre il modulo evolve in un 4-2-3-1 soprattutto per sfruttare le incredibili qualità dell'ivoriano. Il 2011-2012 vede più stabile in posizione arretrata Yaya Tourè, con conseguente riduzione del minutaggio di de Jong. Il numero quarantadue diventa l'anima del centrocampo della squadra, capace di alternarsi come mediano difensivo, centrocampista di impostazione o trequartista in base alle necessità del momento. Di fianco a lui si alternano Barry, il partner principale, de Jong e Milner. La stagione successiva Mancini rimane in carica fino a Maggio, il modulo è sempre il 4-2-3-1 e il posto di de Jong viene preso da Javi Garcia. Yaya Tourè è sempre più titolare a centrocampo e il suo partner più continuo è ancora Gareth Barry.
Anche nella breve parentesi, nemmeno annuale, al Galatasaray la sua coppia preferita, in un tourbillon di moduli, era quella composta da Felipe Melo e Selçuk İnan.
Nella sua seconda avventura all'Inter Mancini ancora una volta ha scelto di gettare i semi del 4-4-2, declinato anche come 4-2-3-1. Un mediano si occupa principalmente della fase di contenimento, Gary Medel, mentre il suo partner si occupa di geometrie e strappi verticali, Fredy Guarin. Sia il mercato che le dinamiche tecniche di un'Inter ancora in costruzione devono stabilizzare ruoli, titolari e riserve, ma ad oggi al cileno sono alternativi M'Vila e Krhin, mentre al colombiano Kuzmanovic e potenzialmente Hernanes.

Nell'ideale tattico di Roberto Mancini quindi la mediana è composta da due elementi, di cui uno più dedicato alla fase difensiva e uno di collegamento coi giocatori più offensivi, che può essere sia un giocatore geometrico che uno bravo a spezzare le linee avversarie portando palla in verticale. La rifinitura del gioco è affidata a coloro i quali giostrano dalla trequarti in su.
Un regista alla Pirlo semplicemente non è previsto, nemmeno in caso di un centrocampo a tre. Nelle uniche occasioni in cui ha sfruttato questa variante infatti l'uomo davanti alla difesa poteva anche avere doti di impostazione e lancio, ma sempre accompagnate da spiccate capacità di copertura.