Per quanto sarebbe interessante trattare le idee di Sampaoli, questo post mira a fare un passo indietro, parlando ancora di Unai Emery e della struttura del suo centrocampo.
L'allenatore basco è il principale fautore della rinascita (o nascita, dipende da quanto volete essere cattivi) di Ever Banega, e il miracolo è accaduto costruendo attorno all'argentino un reparto che ne assorbisse i limiti, permettendogli di giocare sul talento. Tutto questo rappresenta un tassello importante nell'eterna querelle circa il ruolo del giocatore dell'Inter.
Spiego subito una cosa: il Siviglia di Emery ha sempre giocato col 4-2-3-1, anche prima che arrivasse Banega. Quando parlo di trio di centrocampo mi riferisco quindi al triangolo formato dai due mediani e dal trequartista, che trattandosi del nativo di Rosario è in tutto e per tutto un centrocampista in più piuttosto che una mezza punta.
Dovendo inserire Banega nella sua squadra Emery aveva di fronte un problema: l'argentino rispetto al suo predecessore Rakitic è molto meno propenso
all'inserimento in area avversaria e alla conclusione. Senza qualche
accorgimento specifico insomma la squadra poteva rischiare di chiudersi
troppo su se stessa, su un palleggio difensivo senza sbocchi. Emery è
stato bravo a leggere questa eventualità, correndo subito ai ripari.
Parlando per archetipi, l'idea di Emery è più o meno sempre stata fissa e chiarissima. Tre centrocampisti, tre compiti diversi: un mediano difensivo, di posizione, con compiti prettamente difensivi appunto, che desse equilibrio; un regista deputato a tessere la manovra e innescare gli inserimenti; un centrocampista di corsa, qualcuno direbbe box-to-box o shuttler secondo le definizioni più moderne, pronto a fare le due fasi correndo in difesa e inserendosi in area dando peso offensivo. Poi si poteva variare a seconda delle partite e delle necessità tattiche, ma come base i principi erano questi.
Facendo i nomi, i tre erano Krychowiak, Banega e Iborra/N'Zonzi.
Tre ruoli precisi e complementari.
I compiti di Krychowiak sono i più intuitivi (che non vuol dire semplici). Il polacco era il giocatore deputato a dare equilibrio alla squadra, coprendo la zona davanti alla difesa in ogni momento in modo da non lasciare voragini per le transizioni avversarie. In più chiaramente aveva la responsabilità della prima costruzione, a meno che non si abbassasse Banega.
Il rosarino era il motore di tutto. Banega è un giocatore atipico, un regista offensivo di costruzione con qualità superiori. I problemi sono due: come tutti i giocatori di qualità tende a prendersi le sue pause, che vanno coperte; ha un ottimo istinto per smarcarsi in modo da ricevere palla, ma il suo raggio d'azione, a spanne, va dalla trequarti offensiva a quella difensiva. Tradotto non è un giocatore che attacca la profondità e tende ad accorciare verso i mediani piuttosto che andare in verticale allungando la difesa avversarie. Questo rappresenta un vantaggio per certe cose (più qualità nella zona nervalgica del campo, più facilità nel palleggio) e uno svantaggio per altre (squadra con poca profondità, area vuota).
La soluzione di Emery è stata l'evoluzione di Iborra (successivamente sostituito da N'Zonzi). Lo spagnolo era un "semplice" mediano dal gran fisico, ottimo di testa. Il tecnico gli ha avanzato il raggio d'azione, chiedendogli inserimenti e verticalità (un po' come successo anni fa a Roma con Perrotta) per compensare il gioco di Banega. Iborra non a caso in due anni ha segnato più che in tutto il resto della carriera (e anche N'Zonzi ha pareggiato il suo record di gol in una stagione): nello schema del Siviglia era fondamentale per riempire l'area, dare peso offensivo e contemporaneamente il suo dinamismo serviva per aiutare in copertura. Alzato sulla trequarti poteva anche dar manforte al pressing offensivo, portando ovviamente più fisicità rispetto a Banega. Un ruolo molto dinamico, per cui serve sì il fisico, ma anche una certa intelligenza tattica per non squilibrare tutto il sistema.
I movimenti dei tre erano in parte coordinati da Emery, in parte dipendenti dalla contingenza e dall'intesa reciproca. Un equilibrio sottile, che però a Siviglia ha portato grandi risultati, valorizzando tutti gli interpreti come mai prima.
Nessun commento:
Posta un commento