30 ott 2014

Gli stipendi del Bayern Monaco

Il calcio in era moderna si sposa sempre più con tematiche economiche, cosa inevitabile per società che fatturano, come minimo, decine di milioni di euro. La differenza di portata monetaria è argomento comune soprattutto in caso di scontri al vertice, sia in ambito nazionale che internazionale (per la serie c'è sempre qualcuno più grosso di te).
Ad esempio questo post pubblicato dopo Roma-Bayern mette in luce l'enorme spread (se parliamo di economia, facciamolo a modo) tra la prima della classe in Bundesliga e una delle prime due in Serie A. Uno scenario semplicemente inimmaginabile anche solo quattro anni fa che oggi è una realtà consolidata.
Spesso le immagini e i numeri valgono più di mille parole, quindi è utile riprendere la tabella degli ingaggi dei bavaresi per una serie di considerazioni ulteriori.


- il giocatore più pagato dell'intera Serie A è Daniele De Rossi. Prende poco più dei due centrali difensivi titolari del Bayern, Dante e Boateng.

- Manolas, centrale difensivo titolare della Roma, prende quanto Tom Starke. Il terzo portiere.

- Pepe Reina, il secondo portiere, ha lo stesso stipendio di Buffon. Neuer guadagna quasi il doppio rispetto a quanto il portiere della Juve mai abbia raggiunto in carriera.

- il Bayern sul mercato è una potenza quasi senza opposizione. Anche i giocatori che vengono da realtà più "povere", tipo Dante dal Borussia Mönchengladbach (a trent'anni), Rafinha dal Genoa, Rode dall'Eintracht Francoforte, sono letteralmente ricoperti di soldi.

- l'esodo dal Borussia Dortmund degli ultimi anni è stato decisamente ben remunerato. In particolare il trasferimento di Götze è costato 37 milioni di cartellino più circa 24 di stipendio lordo annuale. Ma siamo tutti sicuri che lui volesse solo giocare per Guardiola.

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se anche voi vi siete chiesti come mai la trattativa Xabi Alonso sia stata così rapida quest'estate, ecco la risposta: 10 milioni al Real, 7 netti al giocatore. Possibilità per altri di inserirsi, a naso, zero.

- e Kroos? Semplicemente il Bayern gli aveva offerto un rinnovo di seconda fascia, tipo a 8 milioni l'anno. Cioè uno stipendio assolutamente top altrove, inaccettabile per le gerarchie bavaresi.

- tutte le volte che sentite sirene di mercato italiane per questi giocatori, ricordatevi gli stipendi. Shaqiri è credibile, Robben proprio no, Müller men che meno. E fino a un anno fa si parlava regolarmente di Schweinsteiger come cosa tranquillamente fattibile.

- l'undici titolare del Bayern costa tra i 90 e i 100 milioni di stipendi netti annuali.

22 ott 2014

Piscu & Romero

River e Lanus sono rispettivamente prima e seconda nel torneo Transicion ed entrambe stanno anche disputando la Copa Sudamericana, di cui il Lanus è anche campione in carica. Sono squadre ben allenate, con un'identità ben precisa in campo e diversi uomini di qualità in grado di risultare decisivi.
Tuttavia due giocatori in particolare spiccano per capacità di gestione della palla e influenza generale sul gioco, il numero 15 della banda e il 10 del granate.

Silvio Romero

Il numero dieci del Lanus è un classe 1988 con alle spalle un corposo curriculum sia nel calcio argentino in generale che nel granate in particolare. Fa il suo esordio nel 2005, tra le fila dell'Instituto Cordoba, e passa proprio al club di Buenos Aires nel 2010 dopo aver messo a segno trentadue gol nelle sue prime tre stagioni da titolare. La sua prima esperienza al Lanus vede trentuno gol in tre stagioni, di cui la seconda è stata la meno fortunata. Conosce l'Europa in prestito al Rennes nel 2013-2014 in un'esperienza poco fruttuosa e torna al suo club nell'estate 2014 dopo un trasferimento saltato in Messico. Rimasto quindi quasi per caso a sorpresa è diventato il giocatore più determinante per la fase offensiva di Guillermo Barros Schelotto.
Romero è un attaccante di movimento, destro di piede, che si distingue fin dai tempi cordobesi per tecnica, capacità di vedere la porta e soprattutto abilità nel muoversi senza palla. Non ha problemi a svariare su tutto il fronte d'attacco, giocando sia da esterno che da prima punta, proprio per la sua intelligenza che gli permette di leggere prima lo sviluppo dell'azione unita al trattamento della sfera. Per i canoni argentini ha abbastanza fisicità per difendere efficacemente palla, grazie anche alla capacità di controllo e alla pericolosità nel gioco di prima. Al Lanus si trova inserito in un contesto fluido e ricco di giocatori di qualità in cui raffina la sua visione di gioco, il dribbling anche in progressione e il dialogo coi compagni, trovandosi più spesso a sfruttare l'uno contro uno sull'esterno, posizione da cui può cercare sia l'assist che il taglio verso la porta.
A 26 anni Romero è un giocatore nel pieno della maturità tecnica che riesce a sfruttare le sue qualità in ogni fase della manovra offensiva. Infatti è vicecapocannoniere del Torneo con otto gol segnati, miglior marcatore della squadra, ma produce anche assist come questo e riesce a servire così l'inserimento del suo compagno Acosta. Sia che giochi da prima punta (falso nueve, si direbbe da qualche parte) sia che parta largo tende a svariare molto, sia tagliando verso l'area che venendo incontro per organizzare l'azione. Ha infine un'apprezzabile tendenza a giocare velocemente la sfera, senza eccedere in tocchi o dribbling insistiti.

Leonardo Pisculichi

Se la carriera di Romero si è sviluppata quasi interamente in Argentina, quella di Pisculichi lo ha portato a vagabondare per tutto il globo, abbandonando poco più che ventenne l'Argentinos Juniors in direzione Europa. Dopo una fugace avventura alle Baleari agli ordini dell'Hombre Vertical Hector Cuper, il trequartista del River ha risposto presente alla chiamata dorata del Qatar, dove è rimasto per cinque stagioni, prima di accasarsi per un biennio a Jinan, provincia di Shandong, Repubblica Popolare Cinese. Un anno fa arriva la richiesta d'aiuto dell'Argentinos, invischiato nella lotta salvezza, e Piscu coglie al volo l'opportunità per il ritorno in patria: un buon semestre dal punto di vista individuale, ma vano in ottica retrocessione.
In estate il trequartista classe '84 passa al River Plate orfano di Ramon Diaz, suscitando più di qualche perplessità in una tifoseria ansiosa di accogliere nuovamente a casa qualche grande ex come Pablito Aimar.
L'iniziale scetticismo viene tuttavia distrutto dopo poche partite, il tempo di lasciare che il numero 15 assorba l'idea di calcio di Gallardo e che il Muneco capisca come utilizzarlo. La sintonia è totale e Pisculichi, più della solidità di Kranevitter e della vena di Teofilo, si rivela l'ago della bilancia della Banda. Ogni azione offensiva passa per il suo sinistro: che si tratti di palleggio a centrocampo o di verticalizzare il gioco, è lui l'incaricato a spaccare in due le difese avversarie con palle velenose e duetti con i compagni. La propensione all'assist è innata (ringraziano le medie realizzative di Mora e Teo), così come la capacità di vedere spazi che apparantemente non esistono. Il mancino diventa un'arma letale su calci d'angolo e piazzati e le percussioni palla al piede, con quel suo incedere che un po' ricorda il Chori Dominguez, sorprendono per efficacia e imprevedibilità.
Ma a lasciare stupefatti, è l'assoluta propensione al lavoro senza palla: Piscu è infatti l'incaricato a dettare il primo pressing del River, un inatteso recuperatore di palloni capace di far collaborare alla perfezione le fasi di non possesso di attacco e centrocampo. Insomma, un giocatore vero all'apice della carriera, capace di intendere il gioco prima degli altri e con quel tocco di fantasia che finora gli ha permesso di entrare nella maggior parte delle azioni da gol dei Millonarios; un elemento fondamentale che Gallardo dovrà riuscire a gestire fisicamente in vista del duro finale di semestre.

8 ott 2014

La terza fase della carriera di Messi

Lionel Messi ha solo ventisette anni, eppure sembra che giochi a calcio da sempre. Ogni anno si celebrano i suoi record, la sua eclissi sportiva e la successiva resurrezione, come fosse un giocatore a fine carriera e non un ragazzo che, per dire, ha undici anni in meno di Francesco Totti.
Un destino comune per tutti i talenti capaci di imporsi da giovanissimi, massimizzato nei suoi effetti dalla visibilità del Barcellona in questo millennio, dai numeri e dalla resa del numero 10 di Rosario, ma anche dal fatto che Messi, come pochissimi altri, nel corso del tempo ha cambiato nettamente il suo modo di stare in campo, dando l'impressione di essere già in una fase matura della carriera.
Questa è l'undicesima stagione della pulce tra i grandi blaugrana e potrebbe rappresentare la terza e forse ultima parte della sua evoluzione tecnica.

Torniamo un attimo indietro per contestualizzare questa parabola.
La prima fase della storia tecnica di Messi coincide con la sua scoperta e coi primi passi mossi dal suo immenso talento. Un ragazzino coi capelli lunghi e la maglia numero diciannove ad appena diciannove anni si dimostra già un fattore all'interno di una squadra dove di certo non mancano i grandi nomi.
I tratti distintivi sono il mancino raffinatissimo, un certo fiuto del gol, ma soprattutto un dribbling fulminante nato per essere sfruttato in fascia, grazie anche a una progressione irresistibile. In un certo senso Messi è uno dei principali responsabili della moda degli esterni d'attacco a piede invertito, largo a destra ha collocato il suo ufficio e vinto tutto, unendo tecnica, capacità di gioco, gol, assist, corsa e sacrificio. Il tutto in una squadra che sembrava sostanzialmente una macchina perfetta.
Questo giocatore è esistito, a spanne, fino a metà della stagione 2009-2010, quella famosa per l'arrivo di Zlatan Ibrahimovic. Messi vincendo il triplete e dominando la stagione 2008-2009 fa un deciso salto di qualità, negli anni successivi esce dal periodo giovane per entrare nella fase di maturazione, sia tecnica che personale. La sua influenza sul gioco e sulle scelte cresce enormemente, come la sua capacità di decidere le partite. La seconda fase di Messi è quella della prima punta, in cui più che nuovo Maradona è stato il nuovo Ronaldo e ha frantumato qualunque record umano di maracature. 
Il concetto, tutto sommato, è semplice: la pulce vede benissimo la porta, il primo uomo lo salta sempre ed è veloce nei tagli, più lo si avvicina alla rete più possibilità ha di segnare. I suoi evidenti limiti fisici rispetto all'interpretazione classica del ruolo vengono superati grazie all'organizzazione del Barcellona, ma anche ai suoi movimenti e alla sua indiscutibile superiorità tecnica. Se lo attacchi troppo ti salta anche col controllo, e dopo puoi solo raccogliere la palla dal fondo del sacco. Messi diventa sempre più un accentratore di palloni e gioco, rendendo in cambio numeri straordinari di media realizzativa. Nella sua stagione più devastante, il 2011-2012, arriva a settantatre gol in sessanta presenze, di cui cinquanta in campionato. Da solo segna come una squadra almeno media.
Tuttavia. pur mantenendo medie da macchina, il suo gioco nel corso del tempo si impigrisce. Evidentemente in campo si muove sempre di meno, stazionando in un nuovo ufficio collocato circa all'interno della mezzaluna davanti all'area. Tende a chiedere palla sui piedi per poi decidere il da farsi, trovandosi meno spesso servito dove può far male più velocemente alla difesa avversaria. Un calo fisico forse era inevitabile dopo tanti anni al top come anche un certo senso di superiorità e appagamento, ma in ogni caso è il primo passo verso quello cui Messi sembra tendere oggi.
Dopo questo lungo preambolo, arriviamo finalmente alla terza fase della sua carriera, quella che si sta delineando oggi, il Messi numero 10.

Giova ricordare in questo momento il rapporto tra il rosarino e i suoi compagni di reparto. Diciamo non facilissimo, per loro. Men che meno per Neymar, che ha dovuto vivere una stagione sostanzialmente di apprendistato malgrado il suo status.
Quet'anno Messi si trova (o meglio si troverà, quando sarà disponibile Suarez) a fare reparto con altre due punte purissime. Un nuovo equilibrio va studiato e trovato, perchè il numero 11 brasiliano viene da un Mondiale che lo ha consacrato stella e il nuovo numero 9 uruguaiano è un fenomeno conclamato, per di più con un carattere diciamo fumante. Impensabile chiedergli di fare da scudiero continuativamente in fascia. Come sposare questo con le ultime tendenze del 10?
L'idea è quanto già sperimentato con l'Argentina, con Messi a giostrare dietro la zona di interesse della prima punta. Il suo ufficio resta lo stesso, appena fuori area, magari svariando un po' di più, ma l'attenzione viene rivolta più all'impostazione e alla ricerca dei compagni che alla finalizzazione. Meno corsa, più gestione, facendo muovere nello spazio gli altri membri del reparto offensivo con la promessa di palloni puntuali.
La pulce, ancora una volta, si è adattato andando a pescare nel suo immenso bacino di talento. Prendendo le statistiche l'argentino è di gran lunga l'attaccante che gestisce più palloni, avvicinandosi ai numeri dei centrocampisti creativi, il giocatore che produce più passaggi decisivi e il migliore negli assist, malgrado non sia di certo il vostro trequartista canonico. In particolare colpisce che nella Liga in sette partite sia già a otto assist, quando lo scorso anno gliene servirono trentuno per arrivare a dodici. Il cambiamento è già in atto e promette di innescare una nuova forma di dominio.
In fondo Lionel Messi è nato lo stesso giorno di Juan Roman Riquelme.